lunedì 31 ottobre 2011

Capisco la sua domanda...

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Eccola, la più stupida e frequente delle domande! Lecita, si intende, ma anche banale, insipida. E la difesa del debole. Che non vuole rischiare. Beh, magari io non sono stato in grado di fargli capire il valore di quello che sto proponendo. Cerchiamo di rimediare

“Capisco la sua domanda. E’ importante dare una risposta chiara e profonda. Immagino che anche voi, come molte aziende oggi, non prendiate più in esame esborsi di denaro che siano costi: considerato solo investimenti. Per questo le posso parlare in termini di ritorno sull’investimento. Come dicevo, l’esperienza mi dice che, migliorando le capacità di negoziare con i fornitori, è possibile in breve tempo aumentare i margini attuali di 2 o 3 punti percentuali. Non che i nostri clienti non abbiano ottenuto risultati anche migliori, siamo arrivati ad una punta del 7%. Non voglio però millantare per cui preferisco rimanere conservativo. Se i vostri margini attuali superano i 40.000 € all’anno, posso assicurare che l’investimento che vi chiederò di fare per questo specifico percorso è ampiamente superato dai guadagni che otterrete. Per quello che riguarda l’analisi del processo aziendale, non posso quantificare ROI e Pay Back Time. Per questa ragione sono solito proporre un percorso per step che permetta sia di controllare l’investimento, sia di produrre di volta in volta risultati concreti, assicurando così al committente la possibilità di interrompere la collaborazione senza lasciare a metà strada l’analisi, e senza avere così sprecato risorse. Che ne dice?”

Franchi sui tira indietro. Ha lanciato il sasso. Ma non sarà lui a raccoglierlo da terra. Guarda Parioletti che annuisce.
“Mi ha convinto. Allora adesso che cosa facciamo?”.

giovedì 27 ottobre 2011

Ma quanto costa?

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“Credo che abbiamo individuato solo uno dei punti che potrebbero produrre il calo dei margini che lei ha evidenziato. Sarebbe ingenuo da parte mia pretendere che con solo poche domande sono stato in grado di scoprire un problema che, sono sicuro, le era già ben presente. Quello che posso suggerire è una direzione da prendere insieme. Esaminerei con più dettaglio l’intero processo di produzione di margine, dal momento della individuazione dei potenziali clienti fino alla rendicontazione finale che permette di fatturare al cliente. Possiamo anche lasciare da parte per il momento la fase di prospezione, che per definizione è migliorabile ma per esperienza non ha grande impatto sui margini, per iniziare dal primo contatto con il potenziale cliente. Questo ci permetterà di individuare tutti i fattori critici e, tra di essi, quello che ha priorità principale e, probabilmente, genera tutti gli altri. Che ne dice, dr. Parioletti, le sembra che questo modo di procedere sia in linea con le sue aspettative?”.
Ecco, forse le aspettative non c’entrano molto, ma è stata la prima parola che mi è venuta in mente per concludere il discorso. Il mio obiettivo è portare a casa un primo sì: il primo passo fatto insieme.
“Se lei ritiene che non ci sia una strada più breve per risolvere il problema!”
“Potremmo fare in questo modo: portare avanti contemporaneamente due progetti su due piani diversi. A livello strategico analizzare il processo e individuare le priorità di miglioramento. A livello tattico intervenire su un’area che permette di ridurre le spese con rapidità, producendo in media un 2-3% di margini in più. Intendo dire un percorso di formazione, breve e molto concreto, per facilitare la negoziazione con i fornitori, prima e dopo la sigla dell’ordine e dopo la conclusione dell’evento, per ridurre i costi. In questo modo possiamo da subito produrre un risultato positivo, senza perdere di vista l’intervento più radicale che permetterà di risolvere il problema alla radice. Le sembra che questa soluzione la soddisfi?”
Sempre chiudere con una domanda. Mai dare l’impressione di volersi imporre. Parioletti mi guarda, guarda i suoi. La donna sorride sempre, ho quasi l’impressione che sia lei a tirare i fili. Franchi annuisce, rischiando forse qualche cosa. Poi, forse per riscattarsi agli occhi del capo, si sporge verso di me e mi chiede a bruciapelo.
 “Quanto costa?”

lunedì 24 ottobre 2011

La chiave di volta

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“E’ un problema comune a molte aziende. Magnaga le avrà sicuramente raccontato che anche da loro era presente questo ostacolo. Perché io possa capire meglio vorrei farle una domanda dr. Franchi: chi è che prepara la descrizione dell’evento da sottoporre al cliente? Direttamente la vendita o è il suo team che, attivato da chi sta gestendo la proposta, raccoglie tutti i dati per elaborare la proposta? Chiedo questo perché immagino che la descrizione che dovete presentare, corredata da una proposta di investimento, debba essere molto dettagliata e questo implica che abbiate già preso contatto con i potenziali fornitori.”
Taccio e guardo. Parioletti sembra divertito. Buon segno. La sua assistente, che fino ad ora ha mantenuto una espressione rigida, finendo per assomigliare a quelle statue viventi che sfidano i passanti per racimolare quattro lire, sorride. Al capo ovviamente. Non riesco a capire se si tratta di sarcasmo per la difficile posizione di Franchi o di soddisfazione per la piega che ha preso il colloquio. Prima che Franchi risponda Parioletti interviene:
“Ha già lavorato in questo settore dr. Fossati? Mi sembra che la sappia lunga su come gestiamo il business! Non starà mica assistendo anche qualche nostro concorrente?”.
Come prima cosa noto quella parola che mi rassicura: “anche”. Sta parlando come se stessi già lavorando per loro. Altro buon segno. Poi mi occupo di rassicurarlo. Lo guardo negli occhi e sorrido:
“Non lavoro mai contemporaneamente per aziende concorrenti. Sebbene la nostra lealtà ci impedisca di condividere informazioni riservate, preferisco evitare anche il rischio di inquinamenti involontari. Ho lavorato in passato per un gruppo internazionale, BTE, e quindi ho sviluppato una certa conoscenza del settore”.
Vedo. Mi sembra che si muova bene. Dunque che cosa suggerirebbe di fare a questo punto?”.
Ecco il punto magico. La chiave di volta. Ma anche il rischio maggiore. Non devo cadere nel tranello che mi sta tendendo. Se fornisco subito una soluzione, sono perso. Sicuramente non sarà quello che aveva in mente lui, e non ho ancora conquistato sufficiente autorevolezza per poterlo contraddire.  Ancora una volta mi sta mettendo alla prova. 

giovedì 20 ottobre 2011

Contromossa: Franchi si salva accusando Caniato. Un déjà vue

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“Un peccato non sia con noi Caniato, il responsabile vendite, dottore, lei non lo conosce. Non ancora. Avrebbe potuto dirci molto su come contattano i clienti. Quello che posso dire io è che facciamo del nostro meglio per tirare fuori dalle informazioni che ci passano i dati utili a strizzare i fornitori e organizzare eventi di gran classe. Quelli, per intenderci, che ci hanno reso così noti e che hanno fatto di HAL il leader di mercato”.
Silenzio. Sta sparando alla schiena al collega con classe, devo ammetterlo, e difendendo il proprio lavoro come se Parioletti l’avesse messo in dubbio. Forse non qui, non ora, ma credo che il capo gli abbia fatto presente che si aspetta di più da lui. Poiché il silenzio si protrae più di quei secondi necessari a raccogliere le idee, decido di intervenire.
“Quindi, se capisco bene, una prima area che potrebbe essere presa in esame è quella del passaggio di consegne, che può essere ottimizzata: in questo modo non solo sarà possibile produrre quegli eventi di successo che già vi caratterizzano, ma anche rendere più facile la negoziazione con i fornitori per aumentare i margini. Siete d’accordo?”.
“Decisamente! E’ proprio così!”
Franchi non vedeva l’ora di spostare l’attenzione da sé.
“Mi sta dicendo che non avete ancora risolto il problema della collaborazione?”
A Parioletti non sfugge nulla ed è molto diretto! Il collaboratore nicchia. Devo intervenire per tirarlo fuori dai guai senza ostacolare Parioletti.

lunedì 17 ottobre 2011

Un direttore nelle pesti

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Certo che posso! E mi sembra anche di capire dove e come. Il punto è come dirtelo, come fartici arrivare da solo. Perché la prima cosa che mi viene in mente di dire è “togliti da parte e fammi lavorare, dato che siete così disorganizzati da non avere neanche uno schema, non dico una strategia che ho capito non sai neanche da dove si comincia a scriverla, ma un banale 4-4-2: quattro operativi, quattro di supporto e due venditori”.  D’accordo, vediamo di procedere con calma

“Capisco bene quello che dice. Certamente posso proporre delle soluzioni che le permettano di incrementare i margini. Proprio per questo è importante capire quali siano le priorità. In un business come il suo il margine è dato da alcuni fattori principali: sicuramente l’investimento che riesce a ottenere dal cliente. Si può fare di più in quest’area? Come siete posizionati? Sia a livello di prezzo di mercato sia come percezione da parte dei clienti. I servizi che offrite vi permettono di differenziarvi? Poi, come negoziate con i fornitori? Si può ottenere di più o riuscite già a limare tutto quello che si può? E sui termini di incasso e pagamento? Anche il flusso di cassa e gli oneri finanziari sono voci che incidono sul margine. Da ultimo l’efficienza e la sinergia delle risorse: ridurre i tempi di lavorazione e quindi di fatturazione, ridurre gli straordinari, sono tutte voci importanti che hanno un impatto non indifferente sulla riga del profitto. Quale di questi fattori secondo la sua esperienza incide di più? Da quale sarebbe bene cominciare?”

Ecco, volevi fare il duro? Rispondimi un po’ a questa domanda! E’ qui che cadono spesso gli imprenditori direttivi come Parioletti. Grande esperienza, direi pratica, e poco approccio sistematico: finché va bene, una pacchia. Quando cominciano a sentire la concorrenza, non sanno da che parte incominciare perché non hanno una visione chiara di ciò che fanno. Ci vuole un’arte sottile per arrivare a metterli a nudo. Perché non puoi essere diretto. Almeno non è il mio stile. Preferisco la maieutica alla arroganza. Ricordo quella volta che un imprenditore voleva scaricare sulla propria forza vendita la sua incapacità di definire strategie commerciali, pretendendo che fossero area manager junior a spiegargli come crescere in mercati ostici, riuscii a trattenermi e a dirgli “guardi, c’è sicuramente un problema di comunicazione: i suoi uomini non riescono ad applicare la sua strategia perché non l’hanno capita e non l’hanno fatta propria”. Così va il mondo. Così vanno le cose qui in HAL per cui non mi stupisco affatto della reazione di Parioletti. Si appoggia allo schienale della sedia, Respira profondo. Guarda le persone di fianco a lui e poi:

“è una domanda per voi signori, specie per lei Franchi, che cosa mi dice a riguardo?”

Franchi lo guarda sorpreso. Temeva di essere chiamato in causa e per questo si era quasi nascosto dentro la sua giacca. Occhi a terra. Li alza come richiamato a vita da un padrone infastidito. Si sistema gli occhiali. 

giovedì 13 ottobre 2011

Iniziamo a segnare i primi punti a favore

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Starà verificando la mia sobrietà oppure preferirebbe vedere un consulente aggressivo? So che qualche consulente sceglie la strada dell’aggressività per ottenere fiducia. Non è la mia scelta. Non so se più per rispetto del cliente o se per incapacità personale. Propendo più per la seconda ipotesi. Soffro di overdose di onestà intellettuale che sfocia spesso in una presunta insicurezza, il confine tra  la sobria umiltà e la stinta debolezza. Devo dare una risposta vincente, che mi permetta al contempo di affermare il mio prestigio e non apparire arrogante.
“Sicuramente il dr. Magnaga le avrà anticipato quello che è il nostro approccio che sintetizziamo con La forza delle soluzioni senza l’arroganza del solutore. Quello che le posso garantire è il mio, il nostro massimo impegno. Ci sentiamo impegnati a raggiungere i risultati che lei desidera. Devo essere comunque molto sincero: non abbiamo poteri magici e non sempre gli obiettivi auspicati sono raggiungibili in modo vantaggioso, intendo dire con un sufficiente ritorno sull’investimento. Per questo dico spero. Per lo meno adesso prima di conoscere il suo problema. Se le garantissi di poterlo risolvere prima ancora di conoscerlo farei del wannamarketing”.
Attendo. Sembra rilassarsi. Abbozza un sorriso. E’ andata. Proseguo.
“Preferisce spiegarmi subito il suo problema o desidera avere qualche informazione in più su di me e sul mio studio?”
Meglio ridare la palla a lui per fargli capire che per me il suo tempo è importante e non voglio farglielo spendere, tanto meno rubarglielo.
“So già a sufficienza di lei. Conosco Magnaga da anni e se dice che posso fidarmi, mi fido. Semmai mi racconterà più avanti. Il nostro problema sono i margini. I nostri clienti chiedono sempre di più e non riusciamo a ottenere quello che vorremmo dai fornitori”.
Non aggiunge altro. Uomo di poche parole. Dà molto per scontato. Se si comporta così con i suoi collaboratori potrebbe essere lui la prima causa del problema. E gli altri, non hanno ancora aperto bocca. Chiaro chi comanda.  
“Come le dicevo quello che so di HAL è che organizzate svariate tipologie di eventi specialmente per promuovere il marchio e la notorietà dei vostri clienti. Può spiegarmi meglio come è strutturato il vostro processo di vendita e di erogazione dei servizi così che possiamo iniziare a capire dove nasce il problema?”
“Processo di vendita. Che cosa intende? Noi andiamo dai clienti e chiudiamo i contratti. Poi ci lavoriamo i fornitori. Tutto qui. E non otteniamo i margini che vorrei. Può fare qualche cosa?”

lunedì 10 ottobre 2011

Gambetto di direttore commerciale

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La visione del palazzo da fuori era “impressive”: parlava di solidità, ma anche rigidità. Quasi uno di quei torrioni che incutono timore su Regent Street più che i flessuosi grattacieli che costeggiano il lago sul Magnificent Mile di Chicago.

Entrai. Mi fecero accomodare. E attendere. Ho sempre l’impressione che queste attese siano studiate. Per caricare, per esaminare, per vedere. Mi immagino che ci sia una videocamera nelle sale d’attesa, o un finto specchio, così che possano studiarti prima di parlarti di persona: vedere se ti metti le dita nel naso, se sei nervoso, se inganni il tempo. Sarà una mia fissazione.

Poi d’un tratto si spalanca la porta e lui entra. Non è solo. Con lui una ragazza, appena sopra i trenta direi, e un uomo nostro coetaneo. Non è più alto di me, un po’ squadrato, capello morbido e appena lungo. Occhi azzurri. Come l’avevo visto nelle foto scovate sul web. Lo saluto con un sorriso. Ringrazio. Accenna. Mi presenta in due collaboratori: Anna Lucchini, la sua assistente personale e Marco Franchi, il direttore operativo, che in una azienda come questa vuol dire tutto e niente. Si fa sul serio allora.

Ci sediamo. Si inizia a ballare. Sorrido. Mi sporgo verso di loro. Sembrano ritrarsi. Non è un segno incoraggiante. Guardo fisso negli occhi Parioletti. È lui il capo. Gli va tributato rispetto.

“Vorrei innanzi tutto ringraziarla di avermi contattato. So che la sua azienda è leader in Italia, collabora con le principali case di moda, come Fresco & Torrana,  e che si sta espandendo in Europa grazie anche alle recenti acquisizioni. Il dr. Magnaga, che ha favorito questo incontro, mi ha fatto qualche cenno ai vostri punti di eccellenza, che vorrei però capire con più dettaglio.
Il mio obiettivo oggi è capire quali sono gli obiettivi al raggiungimento dei quali posso dare un contributo. Per questo vorrei prima capire che cosa sa di me, così da poter brevemente illustrare i punti essenziali che le permetteranno di farsi una idea della mia struttura. Poi vorrei capire in quale modo pensa possa esserle utile così che possiamo allineare le aspettative. Infine farle qualche domanda per poter studiare meglio la soluzione. C’è qualcosa d’altro o di diverso che intendeva per poter far fruttare ancora meglio questa ora che abbiamo concordato di investire insieme?”.
“Magnaga mi ha detto che lei è stato capace di capire quale fosse il suo problema e di risolverlo in tempi rapidi. Vorrei facesse la stessa cosa con noi”.

“E’ quello che spero di fare”.

“Spera o è sicuro?”

Bella mossa: adesso come rispondo? 

venerdì 7 ottobre 2011

L'incontro con Parioletti - diciassettesima puntata

Prossimo post Lunedì 10 ottobre




Quarto capitolo

“E’ stato un buon incontro: mi aspetto di incontrarla per discutere la sua proposta allora”.
Una ottima fine dunque. Vale la pena raccontare dall’inizio.
Racconta il Manzoni che il principe di Condé non fece fatica a dormire la notte prima della battaglia di Rocroi. Neppure io. E senza uso di sostanze chimiche. Crollo. Non sento la tensione prepartita. O forse la sento così tanto da svenire.
E poi la mattina corro. D’accordo, come tutti oggi nel proprio lavoro. Beh, diciamo quasi tutti. Specie i liberi professionisti. Perché tutti a dire che siamo in fuga dalle tasse. Che non è vero, Per onestà personale prima che professionale. Ma nessuno a dire che inseguiamo il lavoro che non è mai stabile né sicuro. C’è che uno sogna la carriera di consulente per iniziare a vivere come ha sempre sognato. Non per i soldi, non solo almeno, quanto per l’uso del tempo: immagini che finalmente potrai iniziare a giocare a golf, seguire le partite dell’Inter, magari anche quelle dell’Armani e così via. Poi ti ritrovi a lavorare con la famosa formula 24/7: vale a dire senza soluzione di continuità. E per tirare a campare. Chi è causa del suo mal….
Quindi corro. Ho iniziato da qualche anno e mi diverto. Anche se da fuori può sembrare follia. Come la pensavo io prima di iniziare. In realtà mentre sei lì che ti poni sempre nuovi obiettivi, nuove sfide, nuovi record, come tutti gli uomini, mentre sei lì che conti i passi, guardi il cardiofrequenzimetro, visualizzi la falcata, ascolti nell’iPod le canzoni che spingono, riesci a scollegarti da tutto, a entrare in una dimensione che potrei definire fiabesca, infantile. Quando correvi per il gusto di farlo, per scaricare energie, perché ti andava di farlo. E tutto sembra andare a posto, perdere gli spigoli.
Ho persino coniato la mia personale versione della ben nota pubblicità Mastercard: scarpe Mizuno a risposta morbida 140 € con Mastercard; tutina da uomo ragno Nike 88 € con Mastercard; iPod nano 99 € con Mastercard; Gonna fly now 2,99 € con Mastercard: correre per la salita del centro commerciale credendoti Rocky non ha prezzo.
Ci si diverte con poco. Siamo spiriti semplici.
Così, tornato a casa dopo la corsa mattutina, passato in fretta –ma non troppo: siamo uomini in fin dei conti- sotto la doccia, rivestito di tutto punto con divisa da cliente, controllato che nella valigetta ci fosse tutto quello che doveva esserci, diedi uno sguardo fiducioso all’immagine della Madonna che sorveglia camera nostra, e… Parioletti!

mercoledì 5 ottobre 2011

La figlia numero 3 - sedicesima puntata


Prossimo post venerdì 7 ottobre




Serena, la figlia numero tre, rompe il ghiaccio raccontando dello spettacolo teatrale della sera prima: sogno di una notte di mezza estate.
 Un po’ una pizza?
Quanto è durato?
Quattro ore!
Quattro ore! Ma: quattro ore o  tipo quattro ore?
Quattro oreI!
Ah beh. Quattro ore! L
E non c’era scenografia. Tipo un cartello luminoso con le lettere che si limitavano a dire Foresta, Spiaggia… e basta. E poi recitavano pesante, gonfio…  Insomma una palla….
Lasciamo stare il teatro allora. La discussione scivola sulla serata di Luca.
Come è andata la cena a casa Brambilla? E a proposito: ma quanti sono, quattro fratelli? 
E come si chiama quello che ha la tua età?
Quella che ha la mia età intendi.
Sì. No, quello. Non quella.
Quello che ha l’età di Eleonora allora.
Sì.
L’età di Eleonora. Appunto.
Ah. E tu conosci lei o lui.
Tutti e due.
 Ah.
Incredibile vero? Quanti incontri si possano fare.
Hanno cambiato casa, l’altra era troppo grande! Che lavoro fa adesso il papà?
Fermi tutti. Basta domande. Mi faccio mandare un fax con stato di famiglia, albero genealogico, cv, e piantina con metratura della nuova casa.
Chiusa la vicenda della serata di Luca, passiamo ai commenti sul cibo.
Il pollo è delizioso così croccante. Odio il pollo pallido. Mia madre era capace di cuocere un pollo lesso mentre lo faceva arrosto. Laura prova ad intervenire per indirizzare la discussione raccontando storie note del suo passato prima di noi.
La cena scorre veloce. Il cursore ha quasi raggiunto la fine file.
Non hai ancora finito il pane? Hai il ritmo di un maratoneta! Noi siamo scattisti.
Il nipotino ieri aveva la febbre. Lo so, lo hai urlato al telefono questa mattina. Anche il papà urla al telefono, specie quando dice “io ti senti, tu mi senti?”. Lui no, ma tutto il condominio sì. E’ come il nonno: più è distante quello che chiama, più lui parla a voce alta. Ma glielo avete spiegato che non funziona così?
Poi la compagnia si sciolse, ognuno intento a trovare la gioia dentro la propria serata. E io, dopo aver aiutato Laura a sparecchiare, me ne restai ancora un po’ in terrazza, in poltrona, a leggere e pensare.
Laura siede accanto a me. Mi sorride. Tace. I miei pensieri saturano lo spazio che ci unisce. Riprende a leggere. Io guardo fuori la sera e le luci delle case. E prima di spegnere l’attenzione lancio la mia sfida: “Parioletti, a noi due!”







lunedì 3 ottobre 2011

Nasce il disagio - quindicesima puntata

Prossimo post Mercoledì 5 ottobre




Man mano che trascorreva il tempo aumentava in me una sorta di disagio, di insofferenza: si trattava della solita invincibile ansia che mi tormenta da sempre. Quel senso di incompiutezza, di mancato controllo: insomma la vocina che insinua che potresti fare di più, meglio, che stai sbagliando priorità, che dovresti… potresti… Non che non sia importante ed utile chiedersi sempre se stiamo perdendo tempo o se stiamo lavorando al meglio delle nostre possibilità, che è cosa doverosa e salutare. Gli è che l’eccesso stroppia. E spesso è quell’inconscio cattivo in noi, la voce del nemico, che si alza lieve e ronzante, come una vuvuzela dell’anima, a solleticare turbamenti, angosce sommesse, giusto per togliere la pace e guastare le relazioni.
Perché quando sei preso da quell’avviluppante senso di spreco, come se un ladro ti rubasse il tempo avvelenando ogni cosa così da sciuparti i minuti, allora ti vien dentro la voglia di rivalsa e finisci per prendertela con chi ti circonda, senza un particolare motivo se non quello di buttar fuori la pressione, come una valvola di massima che sfoga all’aria.
Quando sentii montare dentro di me questo sentimento, decisi di smettere e di chiudere lì la giornata. In ufficio era rimasta solo Marina, ancora alle prese con alcuni messaggi per i clienti. La invitai a rimandare all’indomani il lavoro e a tornare a casa. Dovetti insistere. Poi, come soleva proporre e fare Paulista, chiusi il gas e andai via.
Scese improvvisa la sera. In quei giorni in cui il sole non sa ancora se si è riappropriato del tempo o se l’ora è ancora affidata al legale, il tramonto sembra più rapido e secco. I colori è vero sono ancora pastello, o già pastello, e questo stinge i pensieri in una malinconia che intenerisce il cuore non solo ai naviganti. O forse siamo tutti naviganti, surfiamo sulla vita per restare a galla.
Prima che il tramonto spegnesse ad uno ad uno i contorni, sedemmo a cena ancora una volta sul balcone. Sono piacevoli queste cene di famiglia. La nostra è numerosa. Con giudizio.  Siamo in sei.  Quella sera c’eravamo tutti. Una felice coincidenza. Francesco, il più piccolo, stava in silenzio, concentrato sulle vicende dei fratelli, nell’attesa di poter intervenire per mettersi in evidenza. Luca, il maggiore, guardava svogliato il piatto, desiderando probabilmente essere altrove. Eleonora agitava la tavola spostando freneticamente bottiglie, bicchieri e ciotole, seguendo un ordine che mi era sconosciuto.