lunedì 19 dicembre 2011

Gli obiettivi di crescita

Pausa natalizia (a proposito 
Auguri per un Santo Natale sereno e un anno nuovo che sia finalmente fuori da ogni secca verso un mare navigabile e senza tempeste)


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Siamo leader di mercato. Abbiamo sofferto meno dei concorrenti la crisi. Qualche riduzione nelle esportazioni. Adesso con l’euro più debole stanno ripartendo. Del marketing mi occupo personalmente insieme a mio fratello Lorenzo”. 
Tace.

Mi verrebbe da chiedergli: “allora perché hai accettato di vedermi? Per farmi perdere tempo?”. Mi trattengo. 

Se mi ha ricevuto è segno che c’è qualche cosa che non va. Devo scoprirlo. Sono tentato di fargli la domanda esplicita: “che cosa la preoccupa?”. E’ troppo presto. Non ho ancora conquistato la sua fiducia. Meglio prenderla alla larga.

“Quali sono i vostri obiettivi di crescita per il prossimo anno?”. Facciamolo parlare.

Puntiamo a espandere la nostra presenza all’estero, specie in alcune nazioni che al momento non ci soddisfano. E vogliamo rafforzare la nostra immagine. Ci conoscono per una azienda innovativa, elegante. Con una solida tradizione sì, ma aperta alla modernità. Avrà notato il nostro sito. Non è all’altezza. Lavoreremo su questo. Il nostro è un prodotto banale in sé, trovare modalità nuove non è facile. I nostri designer sono i migliori. Non possiamo però basarci solo su questo per innovare”.

“E che cosa pensa di fare? Qual è la sua strategia?”.

Vorrei sfruttare di più il tema ecologico. Si fa un gran parlare dell’acqua come risorse. Noi ci siamo in mezzo. Sto esplorando questo settore. Ho visto all’ultima fiera soluzioni ridicole. Non voglio cadere negli stessi errori di alcuni concorrenti che si vogliono tingere di una patina verde, ma che in realtà non hanno fatto nulla di concreto”.

Interessante. Non ha ancora trovato una soluzione.
“Ha ragione. Molti pensano che basti esporre un cartellone, trovare uno slogan accattivante per aver risolto il problema”.

Esattamente! Vogliamo che si parli di noi come dei primi che hanno affrontato il problema con serietà. I tecnici stanno studiando un sistema di sensori che ad esempio blocchi il flusso delle docce quando sotto non c’è nessuno. Per risparmiare acqua. Potrebbe essere un interessante argomento per gli hotel ad esempio. Che al di là del tema ecologico potrebbero contenere i costi. Siamo in fase di sperimentazione”.

Qui però posso fare poco. Cerchiamo di riportarlo su un terreno a me più congeniale.
“Mi diceva dell’espansione in paesi stranieri. Quali sono le difficoltà che incontra a raggiungere i suoi obiettivi?”.

La distribuzione in alcuni paesi è complessa. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra diffusione  centralizzazione dei depositi. E poi c’è la concorrenza: non solo quella nostra diretta, ma anche quella dei distributori tra di loro. Vede il nostro mercato è complesso: arriviamo al cliente finale attraverso canali molti differenti tra di loro e non sempre è facile quadrare il cerchio”.

“Capisco. Immagino che tre siano i vostri canali principali: le show room, gli installatori e la grande distribuzione del fai-da-te. Beh certo, poi ci sono i costruttori”.

lunedì 12 dicembre 2011

L'agenda interrotta



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Arrivai una manciata di minuti prima dell’orario fissato. Per me la puntualità è importante, è un segno di rispetto. 
Attesi in macchina consultando gli ultimi messaggi di posta sull’iPhone. Un sorriso alla centralinista, la solita attesa nel salottino, dove temo sempre ci siano telecamere nascoste per vedere come ti comporti mentre aspetti.

È interessante guardarsi mentre si aspetta, ci sono aziende dove prima di farti accomodare nella sala ricevimento, a volte uno sgabuzzino che millanta questo titolo altisonante, ti tengono seduto nella reception per alcuni minuti. Che fai? Leggi tutti i cartelloni appesi, pensando che tanto arriva subito ed è meglio non farsi vedere stravaccati sul divanetto, alla fine ti rassegni e ti siedi. E ascolti la signorina che risponde al telefono, indirizza, smista, mette in attesa, commenta seccata con la collega. Poi arriva un altro visitatore, e ti mette in ansia: “sarà un concorrente? Chi deve vedere? Qualcuno più in alto? E perché poi? E lo riceveranno prima di me?”. 

Quando qualcuno che arriva dopo di te, viene accolto prima di te, si gira sempre a guardarti con aria di beffa, come per dirti che lui sì che conta, che tu puoi essere chi vuoi, ma non sei importante come lui. E tu ti vendichi immaginando che sia lì per vendere quattro penne e risme di carta, mentre tu, eh tu, sei lì per le strategie, per il successo aziendale. Si deve pure tenersi su in qualche modo. 

E ti fermi a pensare quanta umanità varia ha accolto quel divanetto un po’ sbilenco, ragazzi ansiosi che puntavano al primo lavoro, o cinquantenni che supplicavano dentro di sé per avere una opportunità nuova per le loro famiglie; venditori supponenti e altri in cerca dell’ordine per salvare l’anno e chissà forse anche l’azienda. Clienti di poco conto, che si possono far aspettare senza creare turbamenti agli year to date, e parenti di impiegati passati per un saluto o per comunicazioni urgenti. 

A voler scivolare sotto la superficie ogni situazione, ogni oggetto può parlarti della vita e aiutarti a mettere la tua nella giusta prospettiva.

Immerso in simili pensieri mi ero distratto quando la porta si aprì di scatto e irruppe lui. Solo. Più alto di me. Asciutto. Un bel sorriso. Molto professionale.
Scambiammo convenevoli. Feci una battuta sui suoi trascorsi. Sembrò apprezzare. 
Iniziai a proporre l’agenda. 

Mi interruppe.

lunedì 5 dicembre 2011

L'alba della battaglia di Waterloo


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Guardai fuori dalla finestra della cucina mentre sorseggiavo già il terzo caffè. L’erba del prato, che scivolava via verso le autostrade nascoste dietro le torri di colori sgargianti, stava lentamente sbiadendo, annunciando che l’ora legale sarebbe tramontata nel fine settimana. 


L’aria si faceva più fredda. La luce avara. 


Fui sul punto di essere travolto da una serie di pensieri, per lo più aggrottati, che sembravano essere stati scatenati da un accenno timido di commozione, innescato dalla strana combinazione dei colori di fronte a me e del sapore del caffè in bocca. 


Li fuggii nascondendomi nella prima pagina del Corriere che si stiracchiava sul tavolo, dove l’avevo abbandonato poco prima. Concentrandomi per l’ennesima volta sul titolo che strillava di politica riuscii a non farmi scorgere da quella muta di nere preoccupazioni che si persero per strade lontane da me. 


Volevo iniziare la giornata con un sorriso, con una carica, con quella forza che mi avrebbe permesso di tornare lì, in quella medesima cucina, quella stessa sera, a vantare non solo una battaglia vinta, ma anche una svolta decisiva nel corso della guerra, come uno sbarco in Normandia o il dono di un cavallo di legno agli assediati. Volevo che quella sera fosse rossa di speranza, non per il colore del contorno dei miei occhi. 


Per questo misi energia nel fare il nodo alla mia cravatta migliore, di Marinella, un regalo natalizio di un cliente che, nel momento in cui aveva immaginato di salire nella scala della nobiltà aziendale da start up a leader di mercato, aveva preferito scaricarmi per iscriversi al novero di coloro che scelgono i consulenti e i formatori solo tra chi può pretendere cifre doppie giustificate da nomi altisonanti più che da contenuti efficaci. Un po' come i poeti laureati di Montale, mentre io preferivo il profumo dei limoni.


Trovai curioso e quasi liberatorio che proprio quella cravatta, che per me era stato l’ultimo dono prima della ghigliottina, fosse quel giorno simbolo di riscatto, di voglia di vincere, di gloria sonante.

La camicia, ovviamente bianca, profumava di successo. La addolcii con il mio profumo preferito, un gesto apotropaico che risaliva ad un passato perso nella nebbia pre-crisi.

Prima di indossare la giacca del gessato d’ordinanza, prima di partire per quella giornata che aveva i contorni di Waterloo –e bisognava capire se avrei giocato il ruolo di Napoleone o di Wellington-  come ogni mattina, feci l’ultimo giro sul web, per caricare le batterie, rallegrare l’umore, non perdere il vizio di studiare.