Prossimo post Giovedì 2 febbraio
Mi vidi addentare un analogo
panino, seduto sopra una pietra, dietro le spalle a pochi metri da un dirupo
che si spalancava verso il ghiacciaio del Lyskam. Davanti potevo gettare lo sguardo sin oltre Gressoney la
Trinité, fin dove la valle sterzava affannata chiudendosi nel cozzare di due
pendii verdi di alberi fitti. A destra invece si scorgeva la valle di
Champoluc, tanto ariosa e solare quando quella del Lys sembrava timida e
ingobbita, a proteggere una intimità che pretendeva di nascondere chissà quali
misteri e tesori. Sotto i piedi una pietraia rossa, venata di marrone, dove
solo qualche bollo giallo e bianco svelava un sentiero che, se percorso fino
alla fine, avrebbe condotto al rifugio Quintino Sella, dopo circa un’altra ora
di cammino dal punto dove mia moglie ed io ci eravamo fermati, non solo per il
pranzo, ma anche per porre fine alla salita. Colpiva il silenzio, così serrato
che persino il vento non osava cantare tra i sassi, come atterrito di essere
l’unica voce a sfidare l’assenza di suoni. Mi afferrò il ricordo del sole, caldo senza essere torrido,
e gentile nello sciogliere il colore del cielo. Contemporaneamente mi salì al
cuore uno struggimento ruvido, tepore irritante e pistone rumoroso, senza che
ne capissi l’origine né lo scopo, perché tutto ha uno scopo, solo a trovare il
filo da dipanare, e mi trovai a vacillare, pur essendo seduto, come colpito con
vigore da una mano sulla spalla, una mano che scuotendomi volesse al contempo
svegliarmi e sfidarmi, volesse saggiare la mia solidità, e rassicurare, ma con
goffaggine tale da provocare invece un senso di incompiuta fragilità, il
bisogno di cercare un fondamento saldo. E mi sembrava di vivere tutto questo
essendo contemporaneamente lì, in quel bar lucido e banale, e seduto sulla cima
della montagna a guardare giù, ossia dentro di me, mescolando i due stati in
una confusa musica aurorale. Mi venne in soccorso una nuova immagine, talmente
assurda da trarmi fuori da quello stato indeciso e vacuo: mi vidi secco e
terso, il braccio destro teso, in modo da squadrare la mia figura, renderla perfetta
nella geometria di un corpo che si staglia secco tra la folla, mentre
sporgendomi intimavo ad un taxi di arrestarsi e caricarci sulla Fifth Avenue a
New York, poco oltre la Public Library, con una autorità che mai mi ero
scoperto addosso.
Fu un lampo.
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