lunedì 5 dicembre 2011

L'alba della battaglia di Waterloo


Prossimo post lunedì 12 dicembre



Guardai fuori dalla finestra della cucina mentre sorseggiavo già il terzo caffè. L’erba del prato, che scivolava via verso le autostrade nascoste dietro le torri di colori sgargianti, stava lentamente sbiadendo, annunciando che l’ora legale sarebbe tramontata nel fine settimana. 


L’aria si faceva più fredda. La luce avara. 


Fui sul punto di essere travolto da una serie di pensieri, per lo più aggrottati, che sembravano essere stati scatenati da un accenno timido di commozione, innescato dalla strana combinazione dei colori di fronte a me e del sapore del caffè in bocca. 


Li fuggii nascondendomi nella prima pagina del Corriere che si stiracchiava sul tavolo, dove l’avevo abbandonato poco prima. Concentrandomi per l’ennesima volta sul titolo che strillava di politica riuscii a non farmi scorgere da quella muta di nere preoccupazioni che si persero per strade lontane da me. 


Volevo iniziare la giornata con un sorriso, con una carica, con quella forza che mi avrebbe permesso di tornare lì, in quella medesima cucina, quella stessa sera, a vantare non solo una battaglia vinta, ma anche una svolta decisiva nel corso della guerra, come uno sbarco in Normandia o il dono di un cavallo di legno agli assediati. Volevo che quella sera fosse rossa di speranza, non per il colore del contorno dei miei occhi. 


Per questo misi energia nel fare il nodo alla mia cravatta migliore, di Marinella, un regalo natalizio di un cliente che, nel momento in cui aveva immaginato di salire nella scala della nobiltà aziendale da start up a leader di mercato, aveva preferito scaricarmi per iscriversi al novero di coloro che scelgono i consulenti e i formatori solo tra chi può pretendere cifre doppie giustificate da nomi altisonanti più che da contenuti efficaci. Un po' come i poeti laureati di Montale, mentre io preferivo il profumo dei limoni.


Trovai curioso e quasi liberatorio che proprio quella cravatta, che per me era stato l’ultimo dono prima della ghigliottina, fosse quel giorno simbolo di riscatto, di voglia di vincere, di gloria sonante.

La camicia, ovviamente bianca, profumava di successo. La addolcii con il mio profumo preferito, un gesto apotropaico che risaliva ad un passato perso nella nebbia pre-crisi.

Prima di indossare la giacca del gessato d’ordinanza, prima di partire per quella giornata che aveva i contorni di Waterloo –e bisognava capire se avrei giocato il ruolo di Napoleone o di Wellington-  come ogni mattina, feci l’ultimo giro sul web, per caricare le batterie, rallegrare l’umore, non perdere il vizio di studiare. 

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