Capitolo
quinto
Arrivai in ufficio intorno all’ora
di pranzo. Che è un’ora affascinante per segnare un nuovo corso. Ci si può
giocare.
Mezzogiorno di tuono. Meglio: mezzogiorno di poco.
Un poco ancora per
trovare la strada giusta. Salutai Irene; Simona e Marina che attendevano con
ansia il mio resoconto, avendo chiaro anche loro, Irene in modo più acuto, che
il futuro della nostra compagnia era in buona parte connesso al successo
dell’incontro della mattina.
Mi gustai il silenzio che
precedette la mia affermazione di ottimismo. Perché in quei silenzi c’è spesso
il senso delle cose. Non dico della vita, perché sarei più imputabile di
presunzione che di ottimismo, e passerei per un millantatore invece che per un
filosofo facilone. Ma il senso delle cose sì, perché dilatare quell’istante nel
quale le speranze possono implodere generando disperazione o, scoppiettando,
trasmutarsi in certezze, quell’istante merita di essere onorato e soppesato.
E’
intriso di una forza speciale che dovrebbe condurci nelle profondità di noi
stessi, per scoprire fino a dove realmente arriva la nostra fiducia in Dio, o
comunque nel fatto che esista un senso, un destino positivo, capace di guidare
i fatti così da farci beneficiare comunque, qualunque cosa capiti.
In effetti,
se la nostra fede fosse al di sopra del minimo sindacale, di quella misura
scarsa e limitata che ci consente solo di affermare una blanda categoria dello
spirito; se la nostra fede fosse davvero salda e cieca, sovra razionale, quindi
non emotiva ed effimera, ma incrollabile perché costruita sopra e oltre la
ragione; se la nostra fede fosse come quella della cananea più che quella di
Giobbe, allora realmente sapremmo cogliere in ogni situazione il bene che ci
sta nascosto, magari in profondità come un tesoro su un isola caraibica.
E
quindi la nostra domanda non sarebbe più “perché a me?”, interrogativo che
lungi da chiedere una risposta, afferma una minaccia, ma “che cosa ci devo
leggere?”.
Per fortuna Dio, o chi per esso, conoscendo le nostre debolezze
agisce in due modi: spesso ci mette in condizioni di ringraziare, lasciandoci
accedere a sentiero apparentemente più desiderabile del bivio; altrimenti ci
fornisce, direttamente o per interposta persona, suggerimenti su come leggere
il messaggio cifrato.
Gustai il silenzio e poi mi
espressi così: “direi che abbiamo ottime possibilità. Ho fatto una buona
impressione. Devo preparare una offerta per lunedì. Ce la possiamo fare”.
Ricevetti in cambio rumori e
parole di soddisfazione e di elogio, che sapevo di meritare e che mi fecero
piacere. Anche i capi vanno elogiati qualche volta. Anche i capi hanno bisogno
di sentirsi riconoscere il merito. Di aver fatto qualche cosa bene. Io ne ho
bisogno. Stop.
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