giovedì 1 settembre 2011

E l'avventura comincia - prima puntata

Prossimo post Sabato 3 settembre


Scorre implacabile il tempo
la prima business novel a puntate 




Capitolo primo
Giuro che l’avrei fatto. Se me ne avessero dato il tempo. L’avrei fatto, anche se non è nel mio stile, nel mio temperamento. Perché andava fatto. Una questione di giustizia. È successo tutto così in fretta. E così sono seduto qui dove sono seduto. Con questa luce accecante che mi picchia negli occhi. Mi guardano. Duri. Spietati. Chini in avanti nell’attesa. E si aspettano che parli. Subito. In fretta. Che spieghi tutto. Che dica. Che chiarisca. Che confessi.  Che dia senso.
Ma andiamo per ordine.
Tutto iniziò con una telefonata. Ricordo esattamente quel momento. Inizio ottobre. La fine del pomeriggio. Un sole diluito spingeva luce scialba giù dal cielo infossando le montagne ed affogando il panorama in un chiarore imberbe e vanitoso. Ero al chilometro 254 dell’autostrada A1. Risalivo da Firenze verso Milano. Sta superando un autoarticolato. Proprio mentre ultimavo la curva, chiudendo anche il sorpasso appena prima di immettermi in una galleria, il telefono suonò. Numero sconosciuto.
“Dottor Codega? Sono Parioletti, amministratore delegato di HAL servizi. Mi ha parlato di lei un comune amico, Magnaga. Vorrei incontrarla, abbiamo bisogno del suo aiuto. Vorrei capire che cosa non va in azienda. Quando può venire a trovarmi?”
Disse tutto così, senza nemmeno respirare. Secco. E io non potevo nemmeno fermarmi per prendere nota o controllare la mia agenda.  La prima piazzola era a dodici chilometri, appena dopo il valico. Non ce l’avrei mai fatta.  Come si poteva dire di no. Con questa crisi. Cercai di ricordare.
“Sono in auto, vado a memoria, che ne dice di venerdì mattina, dopodomani? Per lei potrebbe essere un buon momento?”
“Mi faccia vedere. Per le 9.30? Siamo a Cernusco sul Naviglio. La aspetto”.
“Dove trovo il vostro indirizzo esatto dr. Parioletti?”.
“Le mando un sms con l’indirizzo e le faccio spedire una mail dalla mia assistente.  Ci vediamo venerdì. Buonasera”.
Non una parola di più.
Che cosa pensare? Mentre giungevo finalmente alla galleria che spezza le reni all’Appennino, congiungendo quello che la montagna vorrebbe dividere, mentre iniziavo la discesa verso Bologna, la prima sensazione fu di gioia. Pura. Asciutta. Verde. Lo considerai un doppio dono. Primo: perché avevo disperatamente bisogno di lavorare. Secondo: perché quell’emozione così infantile e morbida trascinava con sé una certezza. Mi sentivo sicuro. Mi venne in mente quella struggente canzone di Tenco “Vedrai vedrai, non son finito sai. Non si dirti come o quando, ma un bel giorno cambierà”.








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