giovedì 8 settembre 2011

La prevalenza del presuntuoso - quinta puntata

Prossima puntata lunedì 12 settembre





Chissà se hanno fatto in tempo a raccogliere un po’ di informazioni su di lui e la sua azienda? Chissà che cosa gli avrà detto il Magnaga (chissà perché continuo a mettere gli articoli ai nomi?) Devo prepararmi per bene. E preparare una grande apertura, perché lì c’è il segreto del successo. Specie per un consulente direzionale che cerca di vendere le sue competenze a un cliente che, per comperarle, deve innanzitutto credere di avere bisogno di qualcuno che gli spieghi dove ha sbagliato. Se ci pensi, è una follia. Il contrario di quello che insegna il mondo. Perché lui deve avere sufficiente umiltà per capire che c’è qualcuno che può insegnargli qualche cosa. E io avere sufficiente delicatezza per non fargli credere che ha sbagliato tutto. Cosa che spesso accade. No. Non sto dicendo che la classe imprenditoriale italiana sbaglia. Non in quel senso per lo meno. Ovvio che errori ne commetta. Sarei stupito del contrario. È che spesso non li riconosce: il padrone è convinto comunque di avere ragione.
E non dovrei più stupirmi dell’arroganza immersa nella presunzione, che ogni volta trovo: invece ne resto addolorato, come ferito. Perché confrontando quei modi rozzi e bruschi,  un attentato alla ragione, con il mio modo di affrontare la mia professione di consulente , ci vedo la ragione della mia sconfitta, del mio perenne inseguire un sogno che si sposta sempre più in là, della mia incapacità di affermare nei numeri quella supposta autorevolezza che cola dalle parole di chi mi conosce e non mi compera. Al punto che mi chiedo se non ci sia un nesso perverso e incidibile tra orgoglio e successo, come se ciò che contasse non fossero i risultati, ma l’arroganza con la quale si millantano. Ne resto sempre turbato perché nel mio intimo sono convinto della forza dell’umiltà, che mi sembra di vedere invece fallire nella durezza della realtà, cruda, abbacinante, imbiancata come un muro secco sotto il sole d’estate, quel famoso muro che reca in cima cocci aguzzi di bottiglia, lungo il quale la mia vita sembra prosciugarsi. Mi sgomentano, pur facendomi compassione, questi condottieri che massacrano con eguale banalità persone ed idee, che pretendono senza nulla dare in cambio, che richiedono strategie che loro non sono in grado nemmeno di sfiorare con il pensiero, che non riescono a vedere più in là del loro portafoglio, pieno oggi e domani si vedrà, perché questa grettezza paga, restituisce, appaga.  E le loro frasi, ripiene parimenti di vocaboli stranieri dei quali si è perso il senso e l’origine, come di termini sboccati e volgari, scheggiati i primi unti i secondi, finiscono per sedimentarsi nel mio intimo con la violenza di una frana che precipita nell’invaso e lo fa tracimare sommergendo ogni cosa, dilavando tutto, confondendo. Eppure li vedo, seduti al vertice, brandire la loro arroganza come scettro, marchio del possesso e del successo. Non vorrei confondermi con queste figurine da album, e mi trovo ad invidiarle, provando vergogna per questa invidia, provando terrore per il futuro che si arrotola come nuvole di tempesta, un futuro che è sempre più breve, ad ogni istante che passa, e che ormai non mi lascia più spazi, come il mazzo  di un solitario, che non vuol tornare, che si assottiglia di più ad ogni nuova carta che sei costretto a scartare perché non trova collocazione nel disegno steso sul tavolo. Vorrei piangere qualche volta, nell’inevitabile confronto, e mi trovo invece a sorridere, perché si deve pur campare, perché tengo famiglia, moglie e quattro figli, che poi ti dicono dovevi pensarci prima, ma prima quando? Quando la vita sembra spalancarsi rosa come una aurora? E ti tradisce, vigliacca lei, non perché non te lo aspetti, ma penseresti sempre che viene dopo il momento difficile, dopo quando sei pronto per affrontarlo, e invece ti piomba addosso troppo presto, non senza cattiveria, anche se mitigata dalla durezza dell’insegnamento, perché è proprio nelle difficoltà che impari e in fretta. Sarà la stanchezza, sarà che la somma è prossima all’ingorgo, ma questa durezza faccio fatica a smaltirla. 

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