sabato 24 settembre 2011

L'analisi del cliente - Undicesima puntata

Prossimo post lunedì 26 settembre



Quindi, insieme ad Irene cercai di assemblare quella traccia, ritagliata sulle possibili aspettative del Parioletti, che mi avrebbe permesso di rispondere alle sei domande inespresse del cliente. Già perché ogni cliente, sia che ti abbia chiamato sia che sia stato in qualche modo convinto dalla tua capacità a riceverti, nel momento in cui ti vede si pone inevitabilmente sei domande alle quali si attende risposta nei primi momenti dell’incontro.
Perché, comunque sia, qualunque sia la situazione, noi sottoponiamo ad un giudizio inappellabile la persona che incontriamo, anche se talvolta questo viene nascosto al nostro conscio da una educazione morbida e suntuosa. La quale ci fa affermare che dobbiamo sempre cercare di capire gli altri e dare loro una seconda possibilità. Il che, tra le righe, già esprime la valutazione che la prima possibilità è stata sprecata.
Non voglio certo negare che lo sforzo di entrare in empatia con l’interlocutore non sia spesso premiato. Certamente è importante, ed utile, sporgersi verso l’altro, sospendere il giudizio e mettersi realmente all’ascolto. (nota: sono perfettamente consapevole di avere messo in fila nell’ultima frase più luoghi comuni di quanto Moratti non abbia assunto allenatori all’Inter. Conto sulla capacità di infrangere la barriera della banalità per addentrarsi nelle caverne del significato).
Importante ed utile sì, ma non deve diventare un alibi. Perché è questo che spesso capita. Se una relazione non funziona si tende ad attribuirne la causa all’insensibilità dell’altro, spesso adducendo come conferma il turbamento della propria sensibilità, che si ritiene accesa e inesauribile. Di fatto si rivela così solo la presunzione di chi declina la delicata emotività esposta all’ambiente solo alla prima persona, esponendo alla condanna degli altri un egoismo aggravato dal fatto di essere ignoto all’ego stesso. Egoista ignorante.
Per questa ragione chi ha a cuore la costruzione di un amore –ma sì, chiamiamola così per allinearci a Ivano Fossati- non deve avere paura di veder “tremare le vene e i polsi” e deve essere in grado di abbandonare i propri schemi per addentrarsi con coraggio nel territorio dell’interlocutore. Magistrale la sintesi con cui uno scrittore comasco, morto anni fa, descrisse l’essenza della comunicazione limitandosi a ribaltare un luogo comune, una di quelle frasi lise e insipide che si ripetono per riempire i silenzi stirati, dandole così una forza violenta nuova e squillante: “lo dica pure con parole mie”. Davvero Pontiggia era letterato capace di spremere le parole per distillarne il senso celatovi dalla sapienza primitiva.
Ne consegue quindi che diventa irrinunciabile dare risposte immediate alle sei domande del cliente, così da iniziare quel percorso che, attraverso l’apertura di un credito di fiducia, potrà condurre al paradiso di ogni venditore: la tanto agognata, e spesso fraintesa, partnership. Che nel mondo commerciale di oggi ha assunto il posto di quella che nell’immaginario medioevale era l’araba fenice: che ci sia ognuno lo dice, dove sia nessun lo sa.
Ma quali sono queste sei famigerate domande che ogni cliente, -oso: ogni persona-  si pone nel momento in cui conosce, o è costretto a conoscere, per la prima volta un nuovo interlocutore?


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