martedì 6 settembre 2011

La dolcezza della moglie - quarta puntata


Prossimo post Venerdì 9 settembre


Capitolo secondo



Se c’è una cosa che mi affascina delle telefonate di mia moglie è la loro imprevedibilità: potrebbe liquidare tutto in sei parole oppure sciogliere in tanti chilometri la nostra voglia di stare in qualche modo vicini. O ancora di litigare. Già perché il nostro amore è anche abbastanza rissoso. Senza conseguenze. Abbiamo superato la soglia dei trent’anni di vita in comune, non dico che questo garantisca  un finale in scioltezza, ma l’abitudine rassicura. Perché l’amore è fatto anche di banalità, che a vederle bene sono tutt’altro che superficiali, anzi piuttosto radicate. E la consuetudine le lega in un filo che sembra così sottile da non poter essere spezzato: vuoi per noia, vuoi per non dover inventarsi tutto da capo, vuoi perché questo è un modo elegante e umile per dire che non posso fare a meno di te. Come assuefatto. Così mi sento. E nonostante ciò litighiamo. Questa volta siamo nella modalità morbidosa. Sono fuori da due giorni e, mi fa piacere constatarlo anche questa volta, è la nostalgia a prevalere. Ci raccontiamo. Puntualizza le sfide della giornata. Mi chiede quando arrivo. Mi dice dei figli. Le parlo di Parioletti. Sorride. La vedo. “Ce n’è bisogno” aggiunge. “Lo so” puntualizzo. Sono già alla fine dell’Appennino. Vedo in lontananza Cantagallo. “Un paio d’ore e sono a casa”. “Che cosa vuoi per cena?”. Non me lo chiede realmente. Non è importante. O invece lo è: ma non per raccogliere desideri gastronomici. Per mostrare la cura. E’ in queste piccole cose che mi conferma che mi ama. Nel modo con il quale stira una camicia, la domenica mentre io guardo le partite in televisione e lei alle mie spalle, per farmi compagnia, io che forse in quel momento non la vorrei proprio, stira in silenzio, o quasi, parlando sempre nei momenti meno propizi -ma c’è forse un momento propizio per un uomo che guarda la televisione?- vedo la pazienza che ha con me. E mentre io scivolo veloce verso il nodo che tiene attaccata l’Italia, trattenendo le due coste grazie al nastro autostradale che proprio qui, appena sopra Bologna si avviluppa, o si dipana a seconda di come lo guardi, mentre rallento per evitare la fotografia sgradita del dispositivo di controllo velocità, nascosto proprio sotto il ponte, lei mi saluta.
In medias res. Torniamo al Parioletti

Nessun commento:

Posta un commento