domenica 11 settembre 2011

La patologia del commendator Zampetti


Prossimo post mercoledì 14 settembre




Ti guardano, picchiano sul tavolo sgombro con il loro indice che vuol raccontare il loro trionfo, e parlano come macchiette, comiche sì ma vincenti, come il tizio che ho in mente in questo istante e che incute tanto timore quanta derisione nei suoi collaboratori, perché quando parla sembra la caricatura di se stesso.
E così, questa icona dell’imprenditore, finisce nelle parodie di Zelig, nei romanzi che parlano di lavoro, nell’immaginario di intere generazioni. Come il commendator Zampetti de I ragazzi della terza C. Anni d’oro del serial italiano: la commedia casereccia spalmata in una quarantina di puntate all’anno. Mica come Happy days. Di cavalier Zampetti ne ho incontrati io, mi verrebbe da dire: io ne ho viste cose che voi umani… Eppure questo è il mio mestiere. E deve partire dalla conquista della fiducia. Senza quella non si fa un passo avanti. Perché lui deve annusarla, deve percepirla, deve leggerla in ogni mia mossa: deve venirgli la voglia di comperare il mio tempo –questo è quello che vendo: il tempo mio e dei miei colleghi- per metterlo al servizio del suo scopo: fare più soldi qui e in futuro. E questa scintilla o scocca subito o è buio per sempre: un buio muto, che magari si strina per due o tre incontri, ma che si è già creato, come un enorme buco nero.
Di tal genere, se non tali appunto, erano i miei pensieri mentre, dato l’addio ai monti e impegnata la pianura, già cercavo di capire come costruire questa fiducia, basandomi sul collegamento con il Magnaga. Che invece era un uomo retto e semplice. Un amico di vecchia data che avevo conosciuto in una grande multinazionale, quando muovevo i primi passi da consulente, e mi aveva colpito per quel suo tratto accorato, attento anche alla scelta delle parole, che soppesava in lunghi silenzi. Era nata una amicizia forte, di quelle che non impongono frequentazioni assidue, che era proseguita anche nelle successive migrazioni del Magnaga in fine approdato al ruolo di amministratore delegato della filiale di una azienda americana di servizi, dal quale mi aveva realmente aiutato, ottenendone in cambio una infinita riconoscenza e progetti sensati e di successo.  Decisi di telefonargli per poter raccogliere quelle informazioni che mi sarebbero state utili. Le ottenni proprio mentre superavo il Po’ rientrando in Lombardia.

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