Parioletti dunque, imprenditore, titolare della HAL servizi,
azienda fondata dal di lui padre sul finire degli anni Settanta, attiva nel
settore della organizzazione di eventi, con due filiali internazionali, a
Bruxelles e a Parigi. Clienti prestigiosi, specie nel mondo della moda e del
lusso, circa 300 persone in Italia e un numero non precisato nelle filiali
estere. Luigi Parioletti compare spesso in interviste su riviste di settore e
quotidiani economici, a magnificare la qualità della vita offerta dalla propria
azienda, capace di valorizzare le persone, le quali sono il vero bene
dell’azienda, la quale grazie a questa comunione di affetti e intenti, è in
grado di garantire ai propri clienti il meglio in questo servizio. Due video su
Youtube nei quali LP viene intervistato da un giornalista che oserei definire
amico, e sorride sempre un po’ di sbieco alla videocamera, un sorriso tirato,
asciutto, rassicurante sì, ma più vicino a quello di Jack Nicholson che non a
quello di Harrison Ford.
Perché mi chiama? Che cosa vorrà? Anticipare: è necessario
capire prima per essere pronti. Studiamo. Ecco, forse: annuncia che intende
espandere la propria presenza in Europa, magari puntare all’Asia. E quotarsi in
Borsa. E per farlo c’è bisogno di una squadra attenta e allineata. Potrebbe
essere questo il punto. Proseguo nell’analisi del cliente e dei suoi clienti. E
dei suoi concorrenti. Bisogna avere tutto sul tavolo. Arriva Irene. Saluto,
beviamo un caffè, scambiamo due parole e poi insieme a lavorare su HAL servizi,
chissà perché a me viene sempre in mente il vincisporco di una pubblicità dei
tempi di Carosello.
Irene è una ammirevole assistente. Anche una piacevole
ragazza. Ragazza si fa per dire, almeno dal punto di vista anagrafico. Anche se
sono sempre tutte ragazze.
Ciò che apprezzo di lei è la sua capacità di non fermarsi
all’apparenza delle mie richieste. Non ha paura di mettermi in discussione,
qualità che apprezzo molto dato che mi aiuta a superare quella barriera di me
che non sempre riesco a penetrare, quella membrana che separa le mie idee dalla
mia presunzione, e che può annebbiare la limpidezza dello sguardo e condurre su
praterie dove l’ego scorazza così a lungo da perdersi e piombare in quella
disperazione acida e sudata che prende alla gola.
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